La baia dei Porci, i missili di Kruscev e il lungo embargo

Giovedì 18 Dicembre 2014
La cordiale telefonata tra Barack Obama e Raul Castro pare segnare un nuovo capitolo nella plurisecolare vicenda dei rapporti tra il colosso nordamericano e l'isola caraibica. I rapporti tra Stati Uniti e Cuba hanno il loro inizio nel 1898 quando, con la guerra ispano-americana, l'isola (dove già era in corso una guerriglia indipendentista) venne conquistata dalle truppe di Washington. Gli americani concessero l'indipendenza a Cuba, ma in realtà si trattò di un vero e proprio protettorato, dove il potere locale era sempre alle dipendenze dei grandi e ingombranti vicini. Dal 1902, data dell'effettiva concessione dell'indipendenza, al 1933 si susseguirono presidenti e governi sempre molto sensibili ai desideri statunitensi. E quando nel 1933 i gradi più bassi dell'esercito cubano stanchi del predominio dell'alta borghesia, misero a segno un golpe (la rivoluzione dei sergenti) fu proprio in uno di loro, Fulgencio Batista, che gli americani individuarono il loro “agente all'Avana”. Col nuovo golpe del 1934 Batista si impadronì del potere per dieci anni agendo in prima persona o attraverso burattini. Perse le elezioni del 1944, Batista si ritirò, per tornare alla ribalta nel 1952 con un tutto sommato pacifico nuovo golpe. Sostenuto più di prima dall'America Batista ripagò i suoi protettori in modo splendido. Il 90% delle miniere, l'80% delle coltivazioni e dei servizi pubblici, il 50% dei trasporti furono privatizzati nel senso che finirono in mano americana. Cuba divenne il grande parco dei divertimenti per i turisti Usa: case da gioco, locali notturni, bordelli. E tra chi ci guadagnò di più furono le mafie italoamericana ed ebraica. Tutto andò bene per Batista e i suoi protettori fino a che un giovane avvocato di famiglia altoborghese, Fidel Castro, con pochi compagni, diede inizio alla guerriglia tra le montagne della Sierra Maestra. Una guerriglia vincente. Il 31 dicembre Batista fuggì dall'Avana e le colonne dei barbudos (così erano chiamati i guerriglieri) di Castro, di Guevara, di Cienfuegos entrarono in trionfo nella capitale.
Le cose cambiarono, anche nei rapporti tra l'Avana e Washington. Castro nazionalizzò le industrie e i trasporti, distribuì le terre ai contadini. La cosa non poteva piacere agli Usa e la Cia, accogliendo e addestrando molti degli esuli cubani fuggiti col trionfo della rivoluzione preparò il piano per sovvertire il governo nemico. Il 16 aprile 1961 le forze anticastriste sbarcarono nella Baia dei Porci. Ma le speranze di sollevare la popolazione fallirono presto. Lo sbarco fu un disastro. Scornato per un'operazione che non peraltro aveva voluto, il nuovo presidente John Kennedy non si diede per vinto. Il 25 aprile decretò l'embargo totale contro la comunista Cuba. Che poi comunista non lo era ancora, ma che dall'embargo e dallo sbarco, ebbe la spinta per passare armi e bagagli nel campo sovietico. Un passaggio che divenne presto dipendenza economica, ideologica e militare. E fu nel 1962 che il leader sovietico Nikita Kruscev in risposta alle basi missilistiche Usa in Turchia, giocò la sua carta. A Cuba sbarcarono missili sovietici e sorsero le rampe di lancio. Il 14 ottobre 1962 un ricognitore americano se ne accorse e il giorno dopo scoppiò la famosa crisi dei missili che parve portare Usa e Urss allo scontro nucleare. Dopo 13 giorni di tira e molla Kruscev cedette e ritirò i missili. Ma Cuba intanto divenne una spina nel fianco dell'America. Guerriglieri partirono per sobillare l'America Latina e combattere in Africa a fianco dei regimi filocomunisti. La Cia tentò di eliminare Fidel Castro: dentifrici avvelenati e altre trovate alla James Bond però fallirono. Purtroppo per i cubani intanto falliva anche la rigida economia socialista imposta dal regime. Spinti da motivi economici più che da ideali democratici molti fuggivano su fragili battelli. Nel 1987 Castro lasciò uscire 125 mila cubani (si disse: vuota le carceri dai dissidenti e dai delinquenti). Ma fu nel 1994 che nacque l'epopea dei balseros, gli isolani che puntavano alle coste della Florida o delle isole vicine.
L'esodo di massa - un milione di esuli - fu un dramma, con migliaia di fuggiaschi affogati. I rapporti tra i due paesi rimasero ostili e inesistenti fino al 31 luglio 2006, quando Fidel, malato, si dimise dal potere. Gli subentrò il fratello Raul, più duttile e consapevole del fallimento economico della rivoluzione. Anche perché la scomparsa dell'Urss aveva aggravato le condizioni di vita dei cubani. E gli aiuti in petrolio del venezuelano Chávez non bastarono a cambiare radicalmente la situazione. Raul Castro cominciò a effettuare moderate riforme e lanciare segnali all'America. Segnali difficili da raccogliere vista l'ostilità dei cubani trasferiti negli Usa a ogni trattativa.
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