L'offerta di Renzi: tratto se tagliate gli emendamenti

Lunedì 28 Luglio 2014
ROMA - «Con calma e perseveranza», Matteo Renzi scende in campo in prima persona per togliere «i sassi dai binari» della riforma costituzionale. Al «partito di chi non vuole cambiare» chiede un segnale concreto: di ritirare gran parte degli 8000 emendamenti ostruzionisti presentati, per poter discutere nel merito di un centinaio di proposte di modifica. E alla vigilia di una settimana cruciale per provare a chiudere entro l'8 agosto, il premier non esclude un giro di incontri con i leader di partiti di maggioranza e opposizione, a partire da Silvio Berlusconi, che potrebbe vedere nei prossimi giorni.
«Ogni giorno di ostruzionismo ci "regala" un punto di consenso, ma è una ferita inferta all'Italia e al Senato», ragiona il premier. Le riforme istituzionali restano, infatti, per Renzi uno snodo cruciale nell'azione di cambiamento del Paese che il governo sta portando avanti sul fronte «della burocrazia, del lavoro, del fisco, delle infrastrutture», per «uscire dalla crisi con una marcia in più rispetto agli altri». Cambiare e «ripartire» è possibile, dice il presidente da Genova, guardando al lavoro fatto con la Concordia. Ma bisogna «lavorare di più».
E a ritmo serrato. Dunque se è vero, come assicura in un'intervista, che chiudere la riforma del Senato «ad agosto o andare a settembre non è una questione di vita o di morte», è altrettanto vero che sarebbe «un mese perso».
Di qui la proposta, dal sapore ultimativo, alle opposizioni: la smettano di gridare al colpo di stato, abbassino i toni e sgombrino il campo dagli «8000 mila tentativi di perdere tempo», ritirando gli emendamenti ostruzionistici. Diano insomma un «segnale di buona volontà», dice Lorenzo Guerini, portavoce e vicesegretario del Pd, «lasciando 100» proposte di modifica e non di più. Solo allora si potrà davvero discutere nel merito. Altrimenti, il governo, spiegano a più voci al vertice dei Democratici, sarà in grado di andare avanti da solo. Magari mettendoci più tempo, ma arrivando comunque al traguardo.
Stasera, dopo il via libera al decreto cultura, su cui viene data per scontata la richiesta della fiducia, riprenderà nell'Aula di Palazzo Madama l'esame della riforma costituzionale. E domani potrebbe esserci con il voto segreto il primo passaggio delicato, su una proposta di riduzione dei deputati. Ma prima di allora qualcosa potrebbe muoversi e, a fronte di aperture concrete, Renzi in prima persona potrebbe incontrare o sentire i leader degli altri partiti, di maggioranza e opposizione. E poiché, come Renzi ha sempre detto, per cambiare l'esistente serve l'accordo di tutti, potrebbe esserci in settimana anche un nuovo incontro con Silvio Berlusconi per fare il punto sul patto del Nazareno. Oltre che per sondare il terreno anche sulla legge elettorale, al centro delle richieste di Ncd e Sel.
Intanto, però, l'attesa di un segnale da parte del governo sembra cozzare contro la diffidenza dell'opposizione. Quella di ritirare gli emendamenti è «una richiesta ridicola», dice Loredana De Petris. «Ci dicano su quali modifiche sono disposti a discutere, noi siamo pronti a parlare», afferma Nicola Fratoianni. Gli esponenti di Sel chiedono insomma al governo di fare il primo passo, «uno sforzo concreto». Ma se su alcuni temi come i referendum, la platea di elezione del presidente della Repubblica e anche la riduzione dei deputati, sembra possibile trovare qualche punto di incontro, il nodo più spinoso resta l'elettività del Senato, su cui il governo non è disposto a trattare. E allora il Mattinale di Forza Italia ripropone il "lodo Berlusconi": promozione a senatori dei consiglieri regionali più votati, con più consenso.
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