L'ex doge: «Sono pronto a restituire i soldi presi»

Martedì 29 Luglio 2014
L'ex doge: «Sono pronto a restituire i soldi presi»
Generosità discreta, anche se con cifre a cinque o sei zeri. Sostegno elettorale concretissimo, ma celato nel segreto dei rapporti interpersonali. Non passasse a nessuno per la testa di mettere nero su bianco quei nomi e, soprattutto, quelle cifre. Nè sui bilanci delle aziende donatrici, nè tantomeno in quello del partito, Forza Italia, o del candidato alle regionali del 2005, Giancarlo Galan.
Quando l'ex governatore del Veneto ha dovuto riempire gli "omissis" del suo memoriale, prima di consegnarlo venerdì scorso al gip milanese durante l'interrogatorio di garanzia, si è trovato a dover rispondere preventivamente alla prima e più evidente domanda, non solo dei suoi accusatori, ma anche dell'opinione pubblica. Perchè ha intascato i soldi in modo illecito?
Interrogativo legittimo, visto che in altri punti del documento Galan si straccia le vesti: «Non ho mai ricevuto denari dall'ing. Baita nel corso dei 15 anni di Presidenza della Regione Veneto e ciò vale anche per il periodo successivo». Purezza adamantina anche nei legami con il padre-padrone del Consorzio Venezia Nuova. «Con l'ing. Mazzacurati vi era un rapporto molto formale e mai abbiamo discusso di denaro o di finanziamenti a mio favore. Mai nulla ho da lui ricevuto».
«Ho sbagliato, ho commesso un errore. Sono pronto a risarcire tutto» è la prima sottolineatura - ammissione morale - di Galan, che nelle elezioni politiche del 2013 ha avuto come fiduciario il suo commercialista, Paolo Venuti, arrestato a giugno nella retata anti-Mose. Ora, seppur a distanza di quasi dieci anni, il deputato bolla come negativo il comportamento di allora, quando la sua rielezione a Palazzo Balbi non era neppure tanto controversa. È vero che aveva contro un impreditore come Massimo Carraro del Partito Democratico, tuttavia - lo dimostrò il risultato delle urne - la partita fu piuttosto facile. Raggiunse il 50.5%, lo sfidante si fermò al 42.4, Giorgio Panto prese il 6% dei voti. Per quanto riguarda il risarcimento o la restituzione, essa appare controversa, visto che il reato ormai prescritto non ha una persona offesa, che possa ricevere il pagamento del danno subìto. Al massimo potrebbe ridare i soldi a chi glieli versò allora.
«Erano stati gli imprenditori a insistere perchè i versamenti non fossero resi pubblici» è la seconda spiegazione di Galan. Era in qualche modo costretto a fare in quel modo: «Temevano, nel caso io non avessi vinto le elezioni, che un appoggio politico dichiarato a mio favore potesse danneggiarli nelle loro attività». Insomma, non si volevano esporre a forme di ritorsione, da parte della coalizione vincente.
Galan è abbastanza generico nell'indicare circostanze e modalità dei pagamenti. È evidente che si trattava di contanti, ma non dice come, quando e dove li intascò. E neppure precisa a chi vennero consegnati e come furono impiegati. Il riferimento è comunque alle spese elettorali di una campagna evidentemente molto costosa.
Dall'inchiesta emerge che la filosofia di Giovanni Mazzacurati e del Consorzio Venezia Nuova era quella di pagare tutti, una parte e l'altra. I finanziatori di Galan, invece, la pensavano in modo diverso. L'interessato, però si affretta a precisare che anche se ricevette i soldi - in totale poco più di 350 mila euro - non ebbe nulla a che fare con i 200 mila euro di Piergiorgio Baita dell'Impresa Mantovani. Il manager ha dichiarato di averli consegnati a Claudia Minutillo, in una saletta dell'hotel Santa Chiara di Venezia.
E Galan nega di aver beneficiato di 50 mila euro su un conto nella Repubblica di San Marino. «Si trattava di un conto ufficiale e trasparente aperto a mio nome. Non operai mai alcuna movimentazione, nè impartii disposizione». E sulla somma scomparsa, accusa in base a una perizia grafologica: «Tale conto è stato utilizzato da terzi senza che io ne fossi a conoscenza e con la falsificazione delle mie firme, che formalmente già in questa sede disconosco». Adesso il memoriale integrale, senza gli "omissis", è diventato un'arma fondamentale nella battaglia del deputato padovano per cercare di ottenere dal Tribunale del riesame che venerdì prenderà in esame il suo ricorso contro l'ordinanza di custodia cautelare del gip Alberto Scaramuzza. Si affilano le spade, nel palazzo di giustizia di piazzale Roma, dove i pubblici ministeri si preparano allo scontro, sicuramente il più cruento di tutta l'inchiesta.

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