Italia a "caccia" di euro-fondi Progetti per 40 miliardi

Giovedì 27 Novembre 2014
Italia a "caccia" di euro-fondi Progetti per 40 miliardi
BRUXELLES - È il piano con cui l'Europa chiude il capitolo dell'austerità per aprire quello della crescita e per ora, nonostante i dubbi sulla sua efficacia siano ancora tanti, sembra avere l'appoggio di Stati e Parlamento Ue.
Il presidente Jean Claude Juncker, soddisfatto di aver risposto prima del tempo alle aspettative dei 28, lo dice chiaramente davanti agli eurodeputati a Strasburgo: «L'Europa sta girando pagina dopo anni di sforzi per promuovere la credibilità di bilancio e le riforme». Immediato l'appoggio del ministro dell'economia Pier Carlo Padoan, in aula a rappresentare la presidenza italiana del semestre Ue, e quindi i 28 Stati: «È il primo passo verso una svolta a favore della crescita e del lavoro, quantomai opportuno perché c'è un rischio serio di movimento verso la stagnazione».
Ma al di là delle affermazioni entusiaste di quello che è considerato il 'D-Day' della crescita in Europa, restano senza risposta diversi interrogativi che potrebbero compromettere il piano. Primo fra tutti, il tipo di flessibilità che prevede: Juncker spiega in aula che i contributi nazionali non peseranno né sul debito né sul deficit ai fini del Patto di stabilità, ma poi in conferenza stampa chiarisce che non se ne terrà conto solo se un Paese sfora i vincoli per colpa di tali contributi. Lasciando intendere che la partecipazione al piano non è un lasciapassare per chi ha già deficit o debito elevati. C'è quindi da capire anche perché un Paese dovrebbe mettere dei fondi propri in un piano che non garantisce nemmeno un ritorno di quei fondi sui suoi progetti. I contributi nazionali infatti finiranno nel nuovo veicolo creato dalla Commissione, il Fondo Ue per gli investimenti strategici, che parte con un capitale di base di 21 miliardi di euro pensato per assumersi la parte di rischio più elevata di quegli investitori disposti a finanziare i progetti europei. Tali progetti saranno scelti non dagli Stati, ma da un'autorità gestita da Commissione e Banca europea degli investimenti. Per tutte queste incognite e per la complessa 'leva' che moltiplica di 15 volte il capitale di base per arrivare ai 315 miliardi promessi, la stessa Italia ancora non ha deciso se contribuire al fondo.
Per ottenere i fondi, l'Italia si è messa in prima fila. Il governo ha già presentato alla task force europea per gli investimenti, composta da Bei, Commissione e Stati membri, un elenco di progetti del valore di 40 miliardi. In realtà, quest'ultimo è solo il valore del finanziamento che andrebbe in carico alla Banca europea degli investimenti, mentre l'ammontare complessivo degli interventi ha un valore pari a più del doppio di questa cifra: 87 miliardi. Nell'elenco delle opere italiane ci sono infrastrutture come la banda larga, gli assi autostradali, programmi di finanziamento alle pmi, efficienza energetica e programmi legati alla scuola e all'istruzione. Molti dei progetti, poi, riguardano interventi per il rischio idrogeologico. Questi ultimi sono interventi che hanno un potenziale finanziabile nel triennio 2015-2017 di 7,6 miliardi, con la possibilità per la Bei di erogare risorse pari alla metà della cifra. Dei 7,6 miliardi di progetti presentati, il 48% riguarda il Nord, il 14% il Centro e il 39% il Sud.

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci