Banche in rivolta contro le nuove tasse: penalizzate in Europa

Domenica 20 Aprile 2014
Banche in rivolta contro la decisione del governo di coprire parte degli sgravi Irpef con un aumento (dal 12 al 26%) della tassazione sul valore delle quote detenute dagli istituti in Bankitalia. "Chiediamo un forte ripensamento sul complesso di queste decisioni della sola Repubblica italiana" ha protestato l'Abi. In una dura nota, il presidente dell'associazione bancaria, Giuseppe Patuelli, ha ricordato che "il forte aumento della pressione fiscale deliberato dal Consiglio dei ministri si assomma a quello deciso il 25 novembre scorso dal precedente esecutivo che aveva determinato l'aumento dell'anticipazione Ires 2013 al 130% per banche e assicurazioni e l'enorme addizionale dell'8,5% sull'Ires 2013”. Tasse su tasse, insomma. Con conseguenze retroattive che le banche giudicano “giuridicamente più che discutibili". In effetti la stangata fiscale decisa nei confronti dei 62 istituti che si dividono 300mila quote azionarie in Bankitalia non è da poco. Palazzo Chigi punta ad incassare 1,9 miliardi di euro. Soldi che vanno ad aggiungersi alle altre imposte aumentate nei mesi scorsi per effetto della rivalutazione del patrimonio di Palazzo Koch.
Nel 2013, infatti, il governo Letta ha accresciuto con la legge di Stabilità il valore del capitale sociale complessivo di Bankitalia da 156 milioni a 7,5 miliardi di euro imponendo così alle banche interessate una importante variazione dei propri bilanci. In questo processo, gli istituti hanno dovuto indicare robuste plusvalenze (le partecipazioni dovranno essere liquidate fino a scendere al 3% massimo per azionista e la stessa via Nazionale le potrà temporaneamente acquistare) tassabili al 12% in rate pluriennali. Con la tassazione più che raddoppiata che sale al 26% (da liquidare peraltro per intero entro il 2014), la situazione si aggrava di molto. Nel 2013 Intesa Sanpaolo, a seguito della rivalutazione, alla voce “utili da partecipazioni” ha indicato 2,5 miliardi di euro. Su questa cifra aveva messo in conto di dover pagare 379 milioni. Ma la manovra del governo Renzi farà crescere l'esborso fino a quota 760. Nel bilancio dell'anno scorso approvato da Unicredit si legge invece che "il beneficio della valutazione” della quota in Banca d'Italia è pari a 1,4 miliardi. Il che vuol dire che dai 168 milioni di imposte preventivate si salirà ad un versamento di 364 milioni. In pratica le sole Intesa San Paolo e Unicredit (che detengono poco più del 60% delle azioni Bankitalia) dovranno sborsare circa 1 miliardo. Tra l'altro si tratta di poste una tantum che anticipano a quest'anno degli incassi che si sarebbero spalmati negli esercizi futuri. E dunque il governo, nel 2015, dovrà trovare coperture alternative per rendere strutturale il taglio Irpef in vigore da maggio. “L'Italia - si è lamentato Patuelli – penalizza fiscalmente le banche operanti nel Paese rispetto a quanto avviene alle concorrenti degli altri Paesi Ue, addirittura nell'anno degli esami a tutte le banche europee che così verranno svolti con ancor più disparità fiscali".
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