Il vice ministro all'Economia:
«Il Polesine va rimesso in moto»

Martedì 15 Aprile 2014 di Luca Gigli e Marina Lucchin
Il vice ministro all'Economia: «Il Polesine va rimesso in moto»
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Il Governo riprenderà in mano per attuare fino in fondo, o almeno tutto il possibile, il piano di reindustralizzazione del Polesine.

Lo assicura l’onorevole Enrico Zanetti, veneziano, sottosegretario al ministero dell’Economia e delle Finanze. Un punto al quale si arriva partendo dagli ultimi venti autonomisti-secessionisti culminati in fatti di cronaca giudiziaria, ma segnali eclatanti di un malessere diffuso del territorio. Il premier Matteo Renzi ha detto, quasi in risposta ai fatti, la scorsa settimana a “Vinitaly”: il Veneto ha dato già molto e dovrà avere meno tagli e mirati, non i cosiddetti lineari che tutto toccano.

Ci sarà davvero una risposta a un Veneto che è stato per troppo tempo sottovalutato nel malessere e nelle richieste?

«Il Veneto qualche difficoltà di rappresentanza ce l'ha, affidandosi a chi si propone per l'uscita della regione dall’Italia o di questa dall’Europa. Dev’essere, invece, dentro i processi per poterli riformare, è l’occasione che ha perso perché quando al Governo c’era, ha ragionato con logiche di chi vuole uscirne. Certo in termini di spending review è stato molto colpito, si devono evitare i tagli lineari che distruggono le parti virtuose del Paese, quali il Veneto appunto.

È chiaro che il contenimento della spesa pubblica ci dovrà essere, ma siamo convinti che la stella polare del “meno spesa per meno tasse” sia necessaria per una ripartenza del Paese che è stato soffocato negli ultimi 15 anni dal galoppare della spesa pubblica, mentre l'economia è tornata indietro da 15 anni».

In questa regione il Polesine è una particolarità, nel senso che l’agricoltura e la pesca, sono davvero il settore “primario” su tutto. Le risposte sono interconnesse tra azioni del Governo e le politiche comunitarie. Come dare fiato a questa economia?

«La soluzione del Polesine non può esser quella di seguire le altre aree venete sull’industrializzazione. Deve riuscire a mettere meglio a sistema la sua economia e quella agricola non va vista come “povera”. È necessario insistere su questa con un rapporto serio e costruttivo con l'Europa. Non è restando fuori da Bruxelles che aree come questa avranno un aiuto. Bisogna essere dentro ai processi e fare in modo che i fondi disponibili vengano veicolati ai beneficiari previsti. Nel primo mese ci siamo trovati a dover difendere gli uffici da colpe ingiuste, al contempo sono stato duro nei casi in cui ho riscontrato che ci sono somme già stanziate, ma non erogate».

Non bisogna temere nemmeno l’industrializzazione, che può anche non essere impattante. Tecnologia, logistica e altre produzioni andrebbero sostenute e richiamate. Il piano di reindustrializzazione del Polesine firmato dal Governo Monti è poco meno che una lettera morta.

«Conosco il protocollo, ma non ancora nel dettaglio. Lo voglio riprendere in mano. Mi è stato detto che aveva dei profili apprezzati dal territorio, non vedo perché non utilizzarlo. È il tipo di approccio che dobbiamo avere con una burocrazia che è un valore per questo Paese, ma un disvalore se tira indietro».

Già, la burocrazia. Per un centesimo, impediva a un’impresa locale di lavorare non rilasciando un certificato.

«Sono rimasto basito come tutti. Fatti come questo sono di una gravità evidente. Intendo apportare una forte riorganizzazione, insieme agli ministeri. Bisogna riordinare i poteri, non ridurli, degli enti che sovraintendono il mondo della fiscalità e della contribuzione, perché hanno in mano la vita delle aziende. Anche Equitalia deve tornare sotto il controllo ministeriale e l’Agenzia delle entrate deve avere gli organici per la lotta dell'evasione fiscale e contributiva».

Su tutto resta la crisi. Il crescere dei suicidi di chi aveva un’impresa non si ferma. In più il sistema bancario non aiuta, nemmeno le Bcc che dovrebbero essere più vicine al territorio.

«Anche le banche hanno risentito di una burocratizzazione del rapporto che prima era molto più umano. I direttori delle filiali avevano più margini d’azione. Oggi le banche sono in sofferenza anche per quello: non voglio difenderle, ma chi ci lavora dentro. Le regole devono essere riscritte dalla politica, verso un’interazione tra rigidità delle regole e flessibilità necessarie».
Ultimo aggiornamento: 13:32 © RIPRODUZIONE RISERVATA