Infermieri sotto organico in Veneto e i politici gongolano

Venerdì 15 Agosto 2014
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Caro Gazzettino,

nei giorni scorsi il collegio degli infermieri di Venezia ha fatto sapere che gli ospedali inglesi cercano infermieri veneti e che nel prossimo ottobre ci saranno le selezioni per i giovani neolaureati interessati a questa prospettiva di lavoro all’estero. Nel contempo il presidente dello stesso collegio, Luigino Schiavon, ha richiesto pubblicamente l’apertura di ospedali di comunità affinché gli infermieri disoccupati possano trovare impiego denunciando dati ormai risaputi e cioè che in Italia sono stimati 60 mila infermieri in meno in servizio rispetto al fabbisogno reale; sono oltre 6 mila quelli che mancano in Veneto e un migliaio solo per la provincia di Venezia.



Stando dati autorevoli in Italia ci sono 6,6 infermieri per ogni mille abitanti contro la media Ocse che è di 8,8 e siamo al 18° posto in Europa. Dati che potrebbero definirsi drammatici alla notizia, data sempre dallo stesso giornale, che il decorso post operatorio e la vita dei pazienti sono a rischio se nel reparto ci sono pochi infermieri che lavorano troppo. Un dato messo nero su bianco dalla più grande indagine europea condotta fino ad oggi su 420 mila pazienti in 300 ospedali di 9 paesi UE.



Secondo il lavoro, guidato dall’University of Pennsylvania of Nursing (USA) e pubblicato su “Lancet”, ogni paziente aggiunto alla quantità media di lavoro di un infermiere può aumentare del 7% la probabilità che i malati non sopravvivano entro 30 giorni dal ricovero. Mentre un aumento del 10% del personale in possesso di una laurea è associato ad una diminuzione del 7% del rischio di decesso dei pazienti.



Di fronte a questo quadro sconfortante, mentre l’assessore regionale alla sanità Coletto non ha niente da dire, il presidente della regione Veneto Zaia gongola. Il suo commento alla notizia che gli infermieri veneti sono richiesti in Inghilterra è stato: “Facciamo scuola. E’ la dimostrazione dell’eccellenza della nostra sanità che continua a fare scuola nel modo. La sanità veneta ha una caratteristica pressoché unica in Italia che è proprio la diffusione delle eccellenze nel proprio territorio”.



Bisognerebbe che qualcuno facesse a Zaia qualche domanda più impegnativa in occasione della sua consistente performace mediatica. Per esempio sarebbe interessante sapere perché la Regione Veneto ogni anno investa milioni di euro per finanziare i corsi di laurea per infermieri professionali, stabilisca nella sua programmazione il “numero chiuso” cioè il numero degli infermieri necessari per poi, una volta laureati, non autorizzarne le assunzioni negli ospedali lasciando conseguentemente a casa disoccupati quegli stessi infermieri che la regione stessa reputa indispensabili per un buon funzionamento della sanità. Perché i cittadini e le imprese venete devono pagare l’imposta addizionale regionale e IRAP alla regione Veneto che poi “spreca” questi soldi nella formazione di giovani volonterosi che non troveranno occupazione negli ospedali veneti?



Perché il presidente Zaia – e assieme a lui i suoi assessori e tutti i consiglieri regionali - non si fa almeno una volta la settimana, rinunciando magari a qualche appuntamento mediatico, un giro notturno nei reparti ospedalieri e nelle case di riposo del Veneto per vedere come lavorano gli infermieri e i medici sotto organico?



Capita a volte che anche qualche politico abbia bisogno della sanità pubblica. L’abbiamo visto recentemente con i parlamentari Galan e De Poli quale sconvolgimento nell’organizzazione ospedaliera accade in occasione di ricoveri di persone chiamiamole illustri. Allora le risorse umane e tecnologiche si trovano subito e in abbondanza. Per la gente comune, per i normali contribuenti che hanno con le proprie imposte contribuito a finanziare la sanità pubblica e quella accreditata invece c’è sempre carenza di risorse: liste di attesa interminabili, pochi medici e pochi infermieri, ricoveri a volte impossibili e dimissioni ospedaliere velocissime con mancanza di strutture preposte alle cure riabilitative e post-acuzie.



Non voglio che questa lettera sia considerata come un’espressione di antipolitica. E’ piuttosto la manifestazione di un disagio profondo che mi accomuna a molti cittadini. In questo periodo si parla molto di riforme e di riformismo. Sembra che le riforme istituzionali siano la panacea di tutti i mali di questo nostro, per molti aspetti, sfortunato paese. Io penso invece che le riforme siano semplicemente un alibi per una classe politica che ha fallito il proprio compito che è appunto un compito politico e cioè di trovare le soluzioni e le risposte ai problemi della gente. Si dice che è indispensabile modificare le regole e l’assetto istituzionale dell’Italia. In realtà, dal mio punto di vista, è necessario cambiare la cultura politica sia degli eletti che degli elettori. Eletti che rendano puntualmente conto agli elettori delle proprio operato ed elettori che sappiano pretendere da coloro che eleggono non la raccomandazione, magari per un posto in ospedale, ma che il programma per il quale li hanno votati venga realizzato. Cittadini più informati ed esigenti e politici che sappiano progettare il futuro del paese oltre il semplice traguardo elettorale di una legislatura.





Paolo Veronese

Colognola ai Colli (Verona)

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