Dl lavoro, oggi la fiducia. Ncd: «Votiamo sì, ma il premier succube della sinistra». Renzi: «Fanno campagna elettorale»

Mercoledì 23 Aprile 2014 di Giusy Franzese
Giuliano Poletti
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​La battaglia non finita. Anche se oggi non ci saranno sorprese sull’esito del voto di fiducia nell’aula della Camera sul decreto lavoro (ed sicuro che non ci saranno), le armi verranno ricaricate al Senato. Il Nuovo Centrodestra ha già pronte le casse con le munizioni e stavolta ha intenzione di usarle se il Pd non mostrerà una maggiore malleabilità. Insomma la tensione tra le forze che appoggiano il governo resta alta. Anzi altissima. Oggetto del contendere: il decreto lavoro. O meglio: le modifiche, imposte dal Pd in commissione Lavoro di Montecitorio, al testo originario del provvedimento messo a punto dal ministro Poletti.



IL VERTICE

Ieri è andato in scena l’ultimo disperato tentativo di mediazione, ma non c’è stato nulla da fare: in un vertice di circa tre ore nelle stanze del governo a Montecitorio, alla presenza dei ministri Poletti e Boschi, le varie anime della maggioranza sono rimaste inchiodate sulle loro posizioni. Il governo alla fine ha deciso di chiedere la fiducia sul testo arrivato ieri in Aula, ovvero quello modificato dalla commissione.



Si voterà oggi. Ma l’esito è scontato: Ncd e Sc, nonostante la fortissima contrarietà, hanno già annunciato il loro sì. «Voteremo la fiducia alla Camera ma non rinunciamo a dare battaglia al Senato per difendere il dl Poletti» ha fatto sapere la capogruppo Ncd alla Camera, Nunzia De Girolamo. E così farà pure Scelta Civica.

Comunque vada, per Renzi si tratta di una bella grana. Non solo perché la vicenda è tutt’altro che conclusa, ma anche perché introdurre nuove modifiche al Senato significa far fare al provvedimento quella navigazione tanto odiata tra le due sponde del Parlamento (la Camera, nell’eventualità, dovrà votare nuovamente) e che in questo caso mette anche a rischio la conversione in legge, visto che il decreto scade il 20 maggio.

In serata, in un’intervista al tg1, Renzi non ha nascosto la sua irritazione, bollando lo scontro come tipico «da campagna elettorale». «Sono discussioni alle quali - ha continuato - un cittadino normale è abbastanza allergico. Stiamo discutendo se le proroghe devono essere cinque o otto, dettagli». Sui quali comunque - precisa - si può anche discutere, purché poi «si chiuda l’accordo, perché non è accettabile non affrontare il dramma della disoccupazione».

Eppure il governo aveva sperato che una mediazione fosse possibile.



MEDIAZIONE FALLITA

Dopo i contatti dei giorni scorsi (il caso è scoppiato giovedì santo, con il via libera in commissione Lavoro a un testo modificato sulla base di emendamenti del solo Pd e non votati da Ncd e Sc), ieri il ministro del Welfare, Giuliano Poletti, si è presentato al vertice con una mediazione in tre punti: trasformare in multa economica la sanzione per l’imprenditore che sfora il tetto del 20% di contratti a termine sul totale dei dipendenti; concedere libertà agli imprenditori, nel caso dell’apprendistato, di optare per la formazione privata; blindare il nuovo testo così determinato anche al Senato. «Noi abbiamo detto sì, ma il Pd ha rilanciato chiedendo di far scendere ulteriormente il numero di proroghe per i contratti a termine, da 5 a 4» ha poi riferito Maurizio Sacconi (Ndc). «È falso e scorretto» ha replicato Cesare Damiano (Pd). A sua volta Sc ha accusato sia Ncd che Pd.



RAPPORTI DI FORZA

E mentre al vertice regnava il caos totale, nella commissione Bilancio della Camera (che doveva dare l’ok al decreto prima dell’approdo in Aula) andavano in onda le prove generali sui rapporti di forza nella maggioranza e poco ci mancava che il governo andava sotto. I deputati di Ncd, Sc e Udc non si sono presentati, e così - viste anche le assenze di alcuni membri del Pd - il presidente della commissione, il democratico Francesco Boccia, ha sospeso la seduta in attesa del soccorso di altri 11 deputati del suo partito. Risultato: il parere è passato con solo quattro voti di scarto. Per gettare un po’ di acqua sul fuoco, Poletti ha già detto che la discussione potrà continuare in Senato. Rassicurando: «Le distanze non sono incolmabili». Ovviamente lo scontro sul decreto ha rappresentato un ghiotto boccone per le opposizioni. A cominciare da Forza Italia. Caustico Renato Brunetta: «Il governo non ha più la maggioranza. Altro che treno veloce, corre solo per andare a sbattere».
Ultimo aggiornamento: 16:14

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